Ieri sono andata a vedere uno spettacolo teatrale in cui sono uscita carica di vergogna, di senso di colpa verso ciò che l’essere umano è in grado di fare non solo attraverso l’atto concreto ma, soprattutto, attraverso l’indifferenza, atteggiamento solitamente sempre ben tollerato sia da se stessi che dagli altri adducendo a responsabilità altrui ed io, facendo parte di questa razza, quella umana intendo, mi son sentita chiamata in causa. Un’altra volta. Già, perché in questi giorni c’è un altro pensiero su cui mi sto interrogando molto, ed è quanto io con il mio lavoro riesca effettivamente a denunciare le brutture del mondo, compito cui l’arte dovrebbe adempiere.
Perché faccio quel che faccio? Perché:
Credo nella bellezza intesa come percorso, nel cammino che comporta accoglierla, provarla e generarla.
Credo nell’atto, nel fare, nel gesto che segue al pensiero, anche in piccole cose.
Credo nel potere della condivisione, dell'incontro, della possibilità di dar vita a qualche cosa di nuovo nato dall’unione di due (o più) entità.
Credo nella contemplazione, nell’osservazione pura, nello sguardo libero da giudizio e volere.
Credo nell’unicità di ogni identità, condizione in cui ogni diversità è contemplata in quanto conseguenza di se stessa.
Credo nel valore dell’esperienza su cui si sviluppa l’esistenza, condizione che include cultura, educazione, vissuti, incontri, saperi, confronto e tutti ciò che definisce la propria personale storia.
È da tutto ciò che ho sviluppato il mio concetto artistico dei #ritrattinarrativi. Le tematiche lanciate nelle call to action hanno lo scopo di stimolare la contemplazione, di riconoscere per riconoscersi, di fare, di condividere, di attingere al proprio vissuto, di avvicinarsi alla propria verità attraverso un’esperienza di bellezza comune, il tutto proprio laddove oggi imperversa un altro tipo di realtà: i social network.
I dipinti che scaturiscono dall’ascolto di quanto ricevo sono quindi denunce sporte attraverso l'enunciazione di persone unite non solo dai valori sopra indicati ma, soprattutto, dalla volontà di fare resistenza attraverso l'esistenza.
È vero, forse non è granché come gesto, non avrà un impatto immediato ed evidente se non essere addirittura inutile, ma reputo che dire io ci sono è un marcare presenza, ed essere presenti oggi vuol dire non fare più finta di nulla, è un uscire di casa, un mettersi per strada e diventare spettatori attivi di ciò che sta accadendo, è un far capire che qualsiasi cosa accada sarà vista.
Si dice che si può cambiare solo ciò che si vede. Bene, quindi osserviamola questa realtà, guardiamola dritta negli occhi, solidi in noi stessi, in modo da capire cosa sia necessario fare affinché, ognuno coi propri mezzi e possibilità, possa decidere di agire; perché c'è un'altra cosa in cui credo fermamente: le persone o meglio: le Persone, e sono ancora tante, per fortuna.
[Nella fotografia il dipinto #VENUS, la rivisitazione de La nascita di Venere di Botticelli, simbolo di bellezza e verità. Acrilico su tela, dim. cm 500x100]