A proposito di Alberto e di realtà

Oggi è una di quelle giornate in cui vedi il trailer di un film e pensi era ora, poi volti lo sguardo e strizzi l'occhio ai tre manifesti usati dalla Fondazione Beyeler nel 2009 per pubblicizzare la sua mostra (che a ripensarci mi vengono ancora le palpitazioni). Così mi è venuta voglia di andare a rileggere i suoi Scritti (edizioni Abscondita) ma alla fine non è che li abbia poi sfogliati molto, colpa di La mia realtà (risposta inviata a un'inchiesta condotta da Pierre Volboudt) che mi ha inchiodata subito lì, secca, di quelle cose che ora capisci in modo diverso e probabilmente anche solo forse in parte ma vicino almeno.

L'avrò riletta 10 volte prima di sentire il bisogno di interpretarla: tutti dovrebbero venirne a conoscenza. E niente, spero non si offenda nessuno tantomeno lui, ma oggi è appunto una giornata così, di quelle in cui ho cercato di "tentare - coi mezzi che mi sono propri - di vedere meglio, di capire meglio quel che mi circonda; di capire meglio per essere più libero" di Alberto Giacometti. 

Certo, io faccio pittura e scultura e questo da sempre, dalla prima volta che ho disegnato o dipinto, per mordere la realtà, per difendermi, per nutrirmi, per crescere; crescere per meglio difendermi, per meglio attaccare, per fare più presa, per avanzare il più possibile su tutti i piani, in tutte le direzioni, per difendermi contro la fame, contro il freddo, contro la morte, per essere il più libero possibile; il più libero possibile per tentare - coi mezzi che oggi mi sono propri - di vedere meglio, di capire meglio quel che mi circonda; di capire meglio per essere più libero, il più forte possibile, per spendere, per spendermi il più possibile in ciò che faccio, per correre la mia avventura, per scoprire nuovi mondi, per combattere la mia guerra, per piacere? per la gioia? della guerra, per il piacere di vincere e di perdere.

La mia realtà, di Alberto Giacometti.