Una riflessione (e un invito) sulla pratica del cogliere istanti
Lasciare che l’ignoto si manifesti
Mi capita spesso di raccogliere istanti. È una pratica che coltivo da tempo, e che non è solo un’abitudine, ma una vera e propria postura esistenziale. Non cerco gli istanti. Li lascio arrivare. Ed è in questo gesto che ho imparato qualcosa di essenziale: che l’atto di cogliere un istante non è una presa, ma una resa.
Non si tratta di andare a cercare qualche cosa, come fa il pensiero analitico, ma di stare in una posizione di apertura. È come diventare un punto di risonanza, un ricettore. Una forma di disponibilità radicale. Ascolto puro. Non si tratta quindi di una relazione con ciò che già sappiamo, ma con ciò che ancora non conosciamo; con l’ignoto, appunto.
Recettività sacra
Mi piace pensare a questa disponibilità come a una recettività sacra. Come se in certi momenti si aprisse un varco tra mondi: tra il visibile e l’invisibile, tra il quotidiano e il mistero. Ed è in quell’istante, così reale da farsi quasi insostenibile nella sua intensità, che l’ignoto diventa quasi tangibile. A volte sembra persino volerci parlare. Ma non lo fa gridando. Lo fa accadendo.
Sono convinta che molti dei momenti più autentici della vita provengono proprio da lì. Non dal voler dire qualcosa, ma dal lasciarsi dire da qualcosa.
Istanti di una mia giornata
Generalmente lo decido già al mattino: oggi accolgo. Poi, man mano che gli istanti di estrema realtà appaiono, li scrivo su un calepino. Ecco il frutto di una giornata passata così, mettendomi in relazione con l’ignoto:
L’incredibile quantità di cinguettii mattutini, in primavera. Colazione a base di torta di due compleanni. La foto di papà a letto. Ripercorrere strade del passato e ricordarsi ancora esattamente i tempi di percorrenza fra un punto e l’altro. Il messaggio di Alessia giunto dalle profondità della montagna, e di un falco appollaiato sull’albero. Milly. Riappropriarsi di case e gettare cose. Quell’odore terribile. Il grigio-blu di certe nuvole cariche di pioggia. Michela e la sua parete lilla che respira in su. I biscotti di Natale della Nina congelati a gruppi di 4. Il barattolone di cipollotti sott’aceto. Il ciclo che torna, a volte. Il ronzio del frigorifero in casa d’altri. Filippo quando ride. Francesca che se ne va.
Nessuno di questi elementi è straordinario in sé, ma lo diventavano nel momento in cui mi capitava di vederli per davvero; nel momento in cui riuscivo a coglierli nella loro straordinaria intensità.
Dare spazio all’ignoto
Questi frammenti non cercano un significato a tutti i costi, ma lo contengono già in sé proprio perché sono stati visti. Non visti come si guarda qualcosa per possederlo, ma visti perché accolti. È uno sguardo capace di lasciare al mondo la possibilità di accadere, consacrandolo.
In fondo anche il ronzio di un frigorifero può essere epifanico, se chi guarda lo è.
Io credo che la raccolta degli istanti di estrema realtà sia una sorta di narrazione intuitiva del mondo. Non è lineare, non spiega, ma evoca. Ed è in questo evocarli che rimangono vivi.
Un invito a condividere
Ogni tanto rivolgo un appello a chi mi segue: condividete i vostri istanti di estrema realtà.
Non so bene spiegare perché lo faccio. Non c’è uno scopo preciso, nessun risultato da ottenere. Ma sento che in ogni istante colto e donato c’è qualcosa di più grande che si attiva. È come se, condividendo ciò che ci ha toccato davvero, disegnassimo insieme una mappa invisibile della realtà vissuta.
Un istante raccolto da qualcuno, in un tempo e luogo che non conosco, può risuonare in me. E viceversa. E forse, proprio in questa risonanza tra vissuti autentici, si nasconde una forma di appartenenza nuova: non basata sull’identità, ma sull’intensità. Non sul concetto, ma sulla verità di ciò che accade.
Per questo chiedo di condividere. Perché credo che ogni istante donato sia un frammento di mondo che si apre agli altri, e che un giorno, da questa costellazione di istanti, potremo vedere la biografia dell’umanità emergere. Non come qualcosa da scrivere, ma come qualcosa da sentire.
Se ti va di partecipare, o semplicemente di saperne di più, puoi seguirmi sui miei canali social, iscriverti alla newsletter, oppure scrivimi una mail… che bello scriversi, a volte è già un modo per iniziare a condividere (e creare) istanti di estrema realtà, assieme.
Lieti momenti
Giada