Ore 5:54 am, stazione di Mendrisio: la giornata inizia tra un esercito silenzioso di individui per cui questo è un orario ordinario. Seduti al proprio posto in principio si cercano i luoghi conosciuti come la casa di un amico, il nome di un paese, il ristorante in cui si è già stati, un monumento: dei punti che uniti definiscono la conoscenza e la presenza personale sul territorio. In seguito, quando i riferimenti verranno a mancare, se ne potranno creare di nuovi attraverso delle storie, come osservare nella notte i fari di un’auto bianca e ritrovarsi a pensare quale musica starà ascoltando. La luce del giorno avanza, rendendo il panorama più protettivo verso gli abitanti delle case con le finestre illuminate. E se la notte espone intimità, il bigliettaio non è da meno, rivelando al vagone l’identità di un passeggero.
Uomo di mezza età, senza biglietto, soldi e non abita in Svizzera. Il controllore, con tono tranquillo, forse rassegnato, esclama: “Non è divertente vero?”. Scrive qualche cosa sul bloc-notes e se ne va. Il clandestino appoggia la testa sul sedile e chiude gli occhi, come molti altri dei presenti.
Ad Arth-Goldau la quotidianità dei gesti irrompe nel vagone dei dormienti, obbligando i presenti a ricomporsi, seduti. Appaiono chiacchiere, giornali, cellulari, dispositivi elettronici, libri e persino aghi da maglia e filo i quali, tra un diritto e un rovescio, portano il convoglio in stazione centrale a Zurigo. La prima tappa termina alle ore 8:51; caffè, nussgipfel e un bretzel al prosciutto per il pranzo, prima di salire sul TGV delle 9.34, direzione Parigi.
Attraversare territori unisce culture, le quali si ritrovano per lunghi o brevi istanti a convivere su questa Babele viaggiante a 300 Km/h. A Bellinzona è salito lo svizzero tedesco, ad Arth-Goldau l’inglese, a Zurigo il francese, a Basilea il cinese e a Dijon l’arabo, e non è mancato nemmeno l’alfabeto universale: “Seduto a fianco a me c’è un uomo, cinese, dall’età indefinita. È bisnonno. Lo so perché mi ha mostrato la fotografia della sua famiglia. Parla solo cinese e a sorrisi: comunichiamo con quest’ultimo idioma”.
Alle 13.38 il treno entra a la Gare de Lyon, Parigi. Cinquanta minuti di tempo per scendere in metropolitana e spostarsi alla stazione di Paris Nord Est da dove, alle 15.13, partirà l’Eurostar. L’avvicinamento al mare non lo si percepisce. Distese di campi coltivati nascondono coste e gabbiani, portando in evidenza l’attesa della Manica. La si attraversa in 20 minuti, come il vecchio tunnel del San Gottardo; sapere di avere sopra di sé le Alpi o il mare cambia per un istante i pensieri, i quali vengono preso assorbiti dalla musica nelle cuffiette. Ad accogliere il convoglio in superficie in Inghilterra c’è subito il mare e alle ore 16:30 l’Eurostar entra puntuale in stazione St. Pancras Est. Dodici ore per raggiungere Londra in treno, e capire che se si resta con i piedi per terra, a volare sono le ore.
Articolo e fotografie pubblicate sul giornale Il Caffè domenica 22 gennaio 2017.