Il giorno in cui te ne vai

Arriva sempre, inevitabilmente, tutti gli anni. È il giorno in cui te ne vai, anche se il tuo non è proprio un andarsene ma piuttosto un terminare un percorso assieme, quasi come fosse un’esperienza prestabilita dal destino a cui, crudele, ha applicato fin dal principio una scadenza. Il nostro è stato amore a prima vista. Non so se il merito sia stato dell’abito che indossavi, in un abbinamento di colori improponibile ma di sicuro effetto, oppure semplicemente della chimica, di quella cosa se si instaura fra due individui impossibile da ignorare ma che è dato solo vivere.

Non l’avevo mai fatto, ma ti portai subito a casa mia. Dentro me suonavano tutti i campanelli d’allarme: “non farlo”, “te ne pentirai”, “è il punto di non ritorno”, ma un ritorno già non esisteva più, perché la mia nuova direzione eri tu. Spogliarti è stato come scoprire una terra inesplorata, sia di me che di te. Il tuo odore mi ha catturata e incatenata a una sensazione che non volevo più abbandonare, che mi costringeva a bramarti con una passione primordiale legata al senso di sopravvivenza, come il bisogno di respirare. Accarezzarti, scoprire il tuo profilo, i tuoi confini fisici e sensuali è stato come riscoprire i miei: uniti eravamo un territorio unico, accessibile solo a noi due, che percorrevo con le labbra fino a quando finalmente vi entravi. Il tuo sapore è una scossa ai sensi, un uscire e rientrare dalla follia e dall’incanto, in un continuo avvinghiarsi capace di plasmare la perfezione, su cui erano scritti i nostri nomi. Con la lingua percorrevo la tua essenza fino a quando la sentivo abbandonarsi, sciogliersi, riempirmi la bocca e l’animo in un appagamento sensoriale che di razionale non aveva nulla, se non forse il semplice essere lì, in quel momento, assieme, e vivere.

Ma come accade tutti gli anni arriva il momento in cui te ne andrai, in cui resterò con in mano il tuo vestito, che non userai più. Oggi è quel giorno e sono un po’ triste, ma come sempre ti lascerò fare perché è giusto sia così. Ti guarderò ancora un’ultima volta prima di adagiarti in bocca e, quando la danza dei sensi avrà di nuovo inizio, penserò: “ciao ultimo ovetto di Pasqua, ci vediamo l’anno prossimo”… e grazie!