Di getto scrivo di vacanze appena concluse passate a lasciarsi stupire dalla semplicità dell’accadere, del sorgere del sole al mattino, del perdersi per viuzze deserte, del caldo che appiccica l’allegria, di telefonate per permetterci di fare acquisti fuori orario, di chiacchiere lunghe un pomeriggio e una sera e una notte intera e ancora a bere nel letto al mattino il caffè a raccontarsi la vita osservando un soffitto medievale. E la bellezza di un sorriso e l’eleganza dell’accoglienza, le colline e le distese di ulivi nate per correrci attraverso con la fantasia, il guidare fra le onde di strade a curve che traghettano a parcheggi liberi impossibili da trovare.
E ancora lo sguardo fiero di una moglie di un ceramista, scorci di storia e di sapere, una coroncina di fiori che profuma di spensieratezza, la sfilata di un cesto di lamponi accanto alla Signora in rosso di Gene Wilder, l’ignorare bellamente i disperati appelli di un navigatore mai rassegnato, l’arrivo al Monte, l’ingresso nella bolla, l’accomodarsi a casa, il lasciarsi cullare fra toni e odori. Poi i volti sinceri, gli scambi, gli inchiostri, gli antichi gesti, la luce, la carta, la calma, il sentire il tempo rallentare e i pensieri svanire, i canti, gli inchini, i ringraziamenti e i messaggi beneauguranti, e poi quel saper osservare ma soprattutto vedere, che nulla giudica e tutto accetta. E gli scambi, i timori, i colori e gli svolazzi, per non parlare degli errori che caspita ogni volta si dimentica una lettera ma che poi non importa, ma che poi va bene anche così, sempre. E ancora la luce, il mare, il tramonto e il temporale, le lodi e i vespri e i piedi appoggiati al parapetto per osservare meglio le stelle bevendo in compagnia, per capire che i desideri espressi in fin dei conti sono raggiungibili basta allungare una mano e vedere quella mano alzarsi a cogliere il proprio momento.
Ecco, ora che sono rientrata ho capito che in questa vacanza ho cucinato una madeleine proustiana bella cicciotta a cui spesso tornerò con il pensiero durante l’arco della mia vita futura, perché un punto può anche non essere solo un punto calligrafico, ma può anche avere il sapore di un pasticcino (e dico “pasticcino” come solo una persona speciale sa pronunciare, e che in pochi – per ora - possono capire ;-)).