Poi c’è che le trascrivo. Sì, chiedo di inviarmi un messaggio vocale ma poi ne riporto le parole sulla Moleskine dedicata al progetto. Scrivo sempre a mano; anche questo appartiene al rituale della nascita del dipinto. Deve esserci silenzio assoluto, poi mi siedo davanti al cellulare e faccio partire l’audio, che blocco man mano per avere il tempo di capire bene ogni parola e imprimerla sulla carta attraverso la traccia. La ascolto diverse volte per evitare errori, gustarne il senso e fissare nella memoria il timbro di voce e le emozioni in esso contenute.
Ogni testimonianza è un intimo incontro, è un tête-à-tête colmo di rispettosi dialoghi muti e sguardi di fiducia. In quei momenti è un po’ come registrare una musica su vinile, dove in seguito ripassandoci sopra lo sguardo dal solco della matita scaturisce la melodia del racconto. Questo mi permette di meglio seguire il ritmo della creazione, laddove l’esecuzione improvvisata lo richiede.