Estratto all’intervista pubblicata su tio.ch il 4 gennaio 2021:
Emblematico è il caso di Giada Bianchi che con il suo canale online si racconta, sperimenta e mette a frutto il suo importante bagaglio di comunicatrice ed esperta dei social media per valorizzare le sue creazioni artistiche, che trovano uno spazio fisico espositivo nel suo Atelier di St. Moritz. Un nuovo esempio virtuoso di #storievisionarie che come ated-ICT Ticino ci fa piacere raccontare.
Giada, da cosa nasce l’idea di aprire un negozio online per promuovere la tua arte e come durante la pandemia hai utilizzato i canali digitali per esprimere la tua cifra artistica?
«La mia arte nasce da narrazioni personali ricevute in forma di messaggio vocale, dal cui ascolto mi lascio ispirare per la creazione di un dipinto, che poi diviene installazione artistica e da poco anche capo da indossare. Riconsegnare alla persona ciò che da essa è nato mi è sembrato un processo naturale; d’altronde l’esperienza è un vestito tagliato e cucito su misura per noi dalla nostra sensibilità, ed è proprio ciò che desidero cogliere durante gli appelli lanciati nel web. È un modo per promuovere valori come la condivisione, l’accettazione, l’unicità, l’ascolto e il senso di collettività in contrapposizione al pregiudizio, al giudizio, all’individualismo e all’uso divisivo degli stereotipi, e lo svolgo proprio laddove questo clima impera, e cioè sui social network. Per affrontare una tematica legata alla pandemia, ho semplicemente continuato a usare questo metodo. Ho lanciato un appello in rete alla ricerca di persone che mi volessero raccontare la fonte da cui traevano forza durante il lockdown; come sempre la partecipazione è stata importante ed ora #laforza è divenuta dipinto, installazione, riproduzione Fine Art, capo da indossare e persino vino».
In questo percorso verso la digitalizzazione a quali casi di successo ti sei ispirato? E quali obiettivi di business e fatturato ti sei data?
«Sinceramente non mi sono ispirata a nessuno, è stato un metodo che si è imposto da sé. Il mio obiettivo era ed è cercare di rappresentare la biografia dell’umanità e la digitalizzazione mi è sembrato il medium ideale sia per divulgare il messaggio sia per raccogliere le testimonianze che mi giungono un po’ da tutto il mondo. Per adesso più che un obiettivo di business mi sto concentrando sull’attenzione e la cura. È un progetto molto complesso che opera su più livelli e settori e gli investimenti a disposizione sono i residui dei guadagni di chi cerca di vivere d’arte. Questa condizione rallenta sicuramente la crescita, ma se non altro mi dà la possibilità di valutare le giuste soluzioni e le giuste collaborazioni per mantenere il tutto il più possibile sostenibile, etico ma soprattutto vivo, fertile e in grado di generare bene e meraviglia. Mi sento molto responsabile nei confronti di coloro che mi hanno consegnato un pezzo di sé, affinché potessi creare opere che mi piace chiamare di #artenarraviva. È come se fossi la conducente di un mezzo di trasporto che mi piacerebbe potesse sì arrivare lontano, ma senza inquinare e deturpare il paesaggio; è una strada che si sta formando percorrendola e che cerco di integrare con l’attorno, lasciandola a disposizione di chiunque desideri intraprenderla per scoprire un territorio composto da persone in cui trovare e ritrovare l’altro da sé».
Hai recentemente abbracciato un’iniziativa solidale che come ated ci sta molto a cuore e legata alla Tombola Digitale in favore del Mulino di Maroggia (https://tombolamulinomaroggia.ch). Ci parli della tua opera la Fenice e di come sia strettamente collegata al senso di rinascita che sul 2021 tutti noi in vari ambiti auspichiamo?
«Come tutti sappiamo la fenice è un uccello mitologico capace di risorgere dalle proprie ceneri. L’opera è nata dall’ascolto di testimonianze legate a momenti di rinascita, a ricostruzioni sorte dai detriti del conosciuto. Le ceneri rimaste al suolo, come nelle coltivazioni, servono ad arricchire la terra che ospiterà le nuove radici, e più queste sapranno andare in profondità più sarà possibile elevarsi. In pratica la fenice vola perché è radicata ed è da lì, dalla terra, dall’essenziale e dall’essenza che le giunge il nutrimento il quale, unito all’esperienza acquisita, riesce infine a trasformarsi in battito d’ali. È questo ciò che auguro al Mulino di Maroggia offrendo una riproduzione Fine Art #lafenice per la Tombola Digitale e a tutti noi per il 2021: di avere piume di radici e di saper costruire orizzonti in cui poter immergere ognuno il proprio volo».
Leggi l’introduzione all’intervista su tio.ch.